Mangiare meno fa bene
Mangiare meno non solo fa bene alla salute, ma secondo quanto rivelato da una recente scoperta scientifica, avrebbe anche numerosi effetti positivi che si ripercuotono sulla qualità della nostra vita quotidiana.
Come mangiare di meno: errori da non commettere
Perché si sceglie di non mangiare molto?
Si può mangiare poco e bene?
Quanto si dimagrisce non mangiando?
Primo fra tutti i benefici di questo approccio alimentare è una riduzione significativa dello stress, che rappresenta uno dei mali per antonomasia del nostro tempo moderno e così frenetico. Altri evidenti risvolti positivi sono l’aumento della resistenza fisica (il che torna a vantaggio di tutte quelle persone che praticano sport come la corsa, il nuoto, ecc.), una qualità del sonno più alta e una vita sessuale più soddisfacente -che non guasta mai-.
Per riuscire a raggiungere questo traguardo, non è necessario diminuire in modo drastico le porzioni: basta infatti ridurre le calorie ingerite di circa il 25% e seguire una dieta parca e frugale, povera di grassi, di salse e di creme, ma ricca di gusto e di tutti quei componenti utili per il buon funzionamento del nostro organismo.
Non ci sono particolari requisiti per riuscire a ridurre l’assunzione alimentare quotidiana: è sufficiente seguire pochi trucchi, come ad esempio quello di iniziare il pasto bevendo un bicchiere d’acqua naturale, mettere sotto i denti verdure in abbondanza, pochi lo sanno, ma i vegetali sono degli ottimi riempitivi, anche se comunemente vengono etichettati come “leggeri”.
Si potrà assumere solo una manciata di carboidrati e di cereali e intraprendere abitudini più genuine che abbiano ripercussioni migliori sulla modalità di assunzione del cibo. Alcuni semplici moniti sono quelli di non mangiare mai dai sacchetti o dai contenitori e di evitare fare un giro di tutto il buffet prima di servirsi.
Come mangiare di meno: errori da non commettere
Il primo errore da non commettere se si desidera mangiare di meno per migliorare la forma fisica, la produttività sul lavoro o per un altro scopo è quello di dire “Massì, per stavolta faccio un’eccezione, dopotutto è Natale.”
Questa frase, in apparenza così innocua, spesso è l’anticamera di un circolo vizioso che comincia sempre con grandi abbuffate, continua con sensi di colpa (un esempio classico “Forse non era il caso di esagerare così tanto a Capodanno”), prosegue con diete drastiche o propositi che difficilmente si riesce a mantenere, per poi ricominciare daccapo in occasione di feste o di altri eventi in cui è presente una ricca tavola imbandita.
Un altro errore comune, che è l’esatto opposto del primo, è quello di diminuire in modo drastico le calorie da assumere, pensando di far bene al proprio corpo, senza la giusta informazione né tanto meno senza aver richiesto il parere del medico. In questo caso, oltre al rischio di incappare nelle patologie alimentari più insidiose, come la bulimia e l’anoressia, si mette a repentaglio anche la salute del nostro organismo, privandolo di sostanze nutritive preziose e senza le quali non è in grado di svolgere le sue funzioni al meglio.
Anche la convinzione (peraltro falsa) che se si mangia al ristorante o in casa di amici si perde di vista l’obiettivo rappresenta un errore da non commettere: è possibile infatti mangiare di meno riducendo le porzioni, oppure scegliendo pietanze a ridotto contenuto calorico, senza per questo rinunciare ai rapporti sociali o alle uscite in famiglia o in gruppo.
Per le donne che sono in dolce attesa, o che sognano di avere un figlio, attenzione anche a lasciarsi andare in gravidanza: sebbene sia normale avere le voglie, soprattutto se si sta aspettando un figlio maschio (in questo caso le gestanti tendono a mangiare di più a causa degli ormoni rilasciati dal nascituro), a meno di non volersi ritrovare con venti chili in più, è importante seguire le indicazioni fornite da un dietologo, anche nei nove mesi prenatali.
Gli sportivi invece, soprattutto dopo aver fatto uno sforzo intenso in palestra, dovrebbero evitare di mangiare troppo, perché al contrario di quello che si pensa (ovvero che dopo uno sforzo fisico sia consentito lasciarsi andare), in questo modo non solo si appesantiscono, ma riacquistano anche le calorie perse, rendendo vano l’allenamento fatto per aumentare la massa muscolare e perdere peso.
Sensazioni quando si decide di mangiare poco: quali sono le più comuni?
La prima sensazione che si prova quando si decide di mangiare poco, soprattutto se questa indicazione è arrivata da un dietologo o da un nutrizionista, prevede un senso di rassegnazione, seguito subito a ruota dalla paura di non farcela e di avere fame. Alcuni soggetti, in particolare durante i primi giorni, potrebbero provare anche una tensione nervosa crescente, stress e stanchezza: quest’ultimi sono tutti segnali che il corpo, almeno fino a quando non si abitua, invia al cervello per segnalare una diminuzione del cibo, quindi sono tutti normali e non devono suscitare eccessiva preoccupazione.
Per quanto riguarda la vergogna, ovvero la paura di farsi scoprire e del fatto che gli altri potrebbero giudicare questa scelta, è un’emozione meno diffusa e, di solito, la possiamo riscontrare nei pazienti che hanno poca autostima, e che per questo temono il giudizio di parenti o amici, o che in passato hanno sperimentato patologie alimentari come la bulimia e l’anoressia.
Sensazioni quando si è riusciti nell’impresa
Passati i primi momenti di paura, e una volta che si è riusciti ad abituare il proprio organismo al nuovo regime, si comincia a sperimentare un grande senso di soddisfazione nonché di fiducia nei propri mezzi. Non pochi soggetti hanno inoltre dichiarato di aver provato un forte senso di gratificazione personale, perché mangiando meno non solo sono riusciti a perdere diversi chili, ma anche ad entrare in quei vestiti che non andavano più bene o che desideravano da tempo.
Una dieta frugale apporta anche numerosi benefici sulla salute del cervello, primo tra tutti una maggiore lucidità e un aumento della capacità di fare ragionamenti logici: non per nulla i più grandi scienziati dell’antichità, come ad esempio Pitagora, seguivano un’alimentazione povera di grassi o consumavano piccole quantità di cibo.
Perché si sceglie di non mangiare molto?
Oltre che per il desiderio di seguire una dieta e di non farsi trovare impreparati per la prova costume, molti soggetti scelgono di non mangiare molto per protestare contro la società dei costumi (questo tipo di comportamento lo si trova soprattutto nei santoni indiani, negli eremiti o negli hippies), perché hanno una malattia (alcune patologie, come ad esempio il colon spastico, possono peggiorare con l’assunzione di determinati alimenti), perché soffrono di obesità e, per questa ragione, desiderano perdere qualche chilo prima di sottoporsi ad un eventuale intervento per impiantare un bypass gastrico.
Altro valido motivo è quello di mantenersi in salute. Molti ultracentenari, alcuni dei quali attualmente viventi in Sardegna, raccontano di essere riusciti a raggiungere questo traguardo invidiabile consumando olio extravergine d’oliva e prediligendo un menù a base di:
- pesce azzurro,
- ortaggi,
- frutta secca,
- carne magra locale
- poco vino rosso.
Risultati simili sono stati eguagliati soltanto dai colleghi giapponesi, che mangiano tanto pesce, calamari, polipi, patate dolci, verdure e alghe, e dai greci, che con la loro dieta ricca di olio d’oliva, frutta, verdura, piatti poco elaborati e tisane alle erbe non solo sono i più longevi. Ambo le categorie presentano meno malattie cardiache, tumori e casi di demenza senile e di depressione), anche se nella maggior parte dei casi questo non avviene per una maggiore consapevolezza, ma perché non si dispone di molti soldi e, a causa delle ristrettezze economiche, sono costretti a risparmiare sulla spesa.
Altra ragione per cui le buone forchette limitano al massimo gli eccessi quando sono a tavola può essere perché hanno subito una forte delusione d’amore o sono vittime di un altro trauma psicologico, come una separazione o un lutto.
Si può mangiare poco e bene?
Sì, mangiare poco e bene è possibile. Un esempio ci arriva da un articolo scritto da Umberto Veronesi, celebre oncologo, mancato l’8 novembre 2016 alla veneranda età di novant’anni e fondatore dell’omonima associazione che sostiene la ricerca scientifica alimentare tesa a combattere le diverse forme di tumore, che ha sempre elogiato il regime alimentare dei nostri antenati contadini, caratterizzato da piatti semplici, ma estremamente genuini, perchè ricchi di elementi nutritivi di prima qualità, graditi tanto alle papille gustative, quanto all’intestino.
La popolazione contadina dell’Italia, e più in generale quella che viveva nei pressi del mar Mediterraneo, mangiava infatti poca carne, pesce in abbondanza se abitava vicino alle rive, cereali, pasta, legumi, frutta e verdura. Questa dieta, che al giorno d’oggi è conosciuta come dieta mediterranea, prevede un menu a base di verdura, mozzarella, gallette di riso, olio extravergine d’oliva, carne bianca, riso o farro, gamberi, salmone, petto di pollo, frutta, legumi e, raramente, anche pizza margherita.
Questi cibi, oltre ad essere contraddistinti da un costo molto basso e che non grava in maniera importante sul budget della famiglia, sono anche poco calorici e saziano molto di più.
Inoltre, soprattutto a livello psicologico, il pesce apporta molta soddisfazione, perché oltre ad essere ricco di omega 3 e di fosforo (due sostanze che aiutano lo studio e la concentrazione), è leggero ed è molto gustoso, anche quando viene condito soltanto da un filo d’olio extravergine d’oliva e da un po’ di prezzemolo.
La frutta e la verdura svolgono invece un altro ruolo molto importante: sono infatti utili non solo per prevenire la maggior parte delle malattie cardiovascolari, ma anche per combattere alcuni tipi di cancro, come ad esempio l’adenocarcinoma del colon.
Eppure tutto va fatto con il giusto criterio, rispettando quella che è la predisposizione del nostro organismo, spesso influenzata dalla tipologia del gruppo sanguigno e da intolleranze alimentari. Non è un caso se alcuni soggetti segnalino mal di pancia o indigestioni, anche dopo aver mangiato cibi apparentemente leggeri e freschi, ma senza aver tenuto conto della compatibilità di questi alimenti con il proprio gruppo sanguigno.
Poco e spesso o poco e basta?
La maggior parte dei dietologi consiglia di consumare cinque piccoli pasti al giorno, ma in alcuni casi, come ad esempio la necessità di eliminare tossine che possono risultare dannose per il nostro corpo, possono arrivare a suggerire il digiuno terapeutico.
Questo digiuno, che in genere viene prescritto da un esperto e praticato sotto l’attenta supervisione dello stesso, apporta molti effetti terapeutici e positivi, come una maggiore energia e vitalità e pensieri più leggeri.
Parlando proprio del digiuno, Umberto Veronesi nel suo libro La dieta del digiuno. Perdere peso e prevenire le malattie con la restrizione calorica (edito da Mondadori) affermò che dedicare un giorno alla settimana alla totale astensione dal cibo non solo aiuta a purificare il corpo e a sviluppare il carattere, ma protegge anche la salute dall’obesità e dalla sovranutrizione, due condizioni che, seppur diverse, impediscono in egual modo lo svolgimento corretto del proprio lavoro o di qualsiasi attività intellettuale.
Dopotutto, come affermava lo stesso Veronesi, “Avete già provato a meditare a stomaco pieno?”.
Quali sono infine gli effetti che il digiuno produce sul cervello?
L’apparato celebrale, sentendosi sfidato da questa nuova condizione, incrementa la produzione di proteine (come avviene durante uno sforzo fisico) e, in seguito, promuove la nascita di nuovi neuroni e di nuove connessioni. Ciò porta alla nascita di nuove cellule nervose, quindi ad un miglioramento generale del sistema nervoso, nonché alla produzione di un flusso di energia rinnovato a livello dei neuroni.
Il digiuno intermittente, promosso da Veronesi nel suo ultimo libro (pubblicato prima della sua morte), ha effetti ancora più sorprendenti. Secondo una ricerca fatta da un’équipe universitaria della California del Sud, non solo questa misura “estrema” sarebbe in grado di riparare i danni che possono subire le strutture cellulari, come il DNA, ma anche di migliorare le prestazioni cognitive negli anziani.
Quando mangiare poco?
Alcune persone, credendo di fare del bene al proprio corpo e di riuscire a raggiungere più in fretta il loro obiettivo di mangiare pochissimo, arrivano a saltare la colazione, il pranzo o la cena, o peggio ancora andare a letto senza mangiare nulla. Si tratta di un comportamento sbagliato e che, nella maggior parte dei casi, porta il corpo ad avere meno energia e quindi a vedere come “faticose” quelle attività che prima si svolgevano in modo normale e senza sentirsi eccessivamente affaticati.
Per questo motivo, quando si decide di mangiare poco cibo, è meglio non prendere iniziative personali, ma consultare un dietologo o un nutrizionista per chiedergli suggerimenti su come ridurre l’apporto calorico in modo efficace.
Opinione di chi pensa che mangiare poco non faccia dimagrire
Una giornalista, in un articolo apparso su Eurosalus il 4 aprile 2018, ha scritto che non solo ridurre in maniera eccessiva quello che si mangia è dannoso, ma con il protrarsi del tempo può rivelarsi una soluzione decisamente poco salutare.
Questo parere, sebbene in parte nasconda un fondo di verità, in realtà ad un’analisi più attenta risulta alquanto contraddittorio: difatti, se è vero che mangiare troppo poco può portare a riprendere i chili persi una volta che si ricomincia ad alimentarsi in modo normale, d’altra parte una dieta ipocalorica controllata e bilanciata (quindi meno calorie, ma non per questo meno nutrienti) può portare il soggetto a perdere i chili di troppo. Essere grassi è un problema, ma non avere le idee chiare su come risolvere la siturazione può essere persino più grave.
C’è anche da dire che, se i pareri dei contrari fossero veritieri fino in fondo, mangiare di meno forse non farebbe dimagrire, ma per contro aiuterebbe a prevenire la maggior parte delle malattie, a concentrarsi di più e a stare meglio.
Quanto si dimagrisce non mangiando?
A parte che questa pratica non dev’essere seguita in nessun caso, perché già dopo quattro giorni può provocare gravi problemi di salute, ma dopo una settimana si dovrebbe riscontrare una perdita di tre chili. Si tratta però di una perdita fittizia, perché una volta che si riprende a mangiare, si recupera il peso perso, a differenza invece del digiuno terapeutico, che prevede un’astinenza ragionata dal cibo, sotto controllo di un team di medici.