Santo cibo e gruppi sanguigni

Seguire i precetti religiosi e le tradizioni culinarie legate alla nostra cultura non è sempre positivo per il nostro intestino. Impariamo a distinguere l’importanza dei rituali da quello che fa più bene al nostro corpo, in base al nostro gruppo sanguigno di appartenenza.
Anche alcune pietanze, universalmente riconosciute come sane e genuine possono creare delle difficoltà nella digestione o diventare la causa di vere e proprie malattie, se il tipo di gruppo sanguigno a cui apparteniamo le riconosce come avverse.
rabbino yiddish in crisi

L’esempio del rabbino Jacop

All’interno di uno dei testi di Peter D’Adamo che consiglio di leggere, intitolato “l’alimentazione su misura” viene messo molto ben in evidenza questo problema. Onde comprendere meglio il funzionamento della lectina e gli effetti che può avere il suo assorbimento da parte dell’organismo, mi piacerebbe parlavi della storia del rabbino Jacob, ovvero di uno dei tanti pazienti curati dal dottor D’Adamo attraverso la dieta dei gruppi sanguigni.
La situazione medica dell’uomo religioso era alquanto grave, considerato che soffriva di diabete da svariati anni e che la sua glicemia non reagiva più alle cure a base di insulina. Inoltre, negli ultimi anni era stata vittima di una paralisi parziale, a causa di ictus, causa dell’acutizzarsi di un forte e continuo dolore alle gambe, che lo costringeva in un letto.
Questa condizione di salute lo costringeva ad un riposo forzato, rendendogli impossibile camminare  con scioltezza e a piacimento.
Appariva evidente che il rabbino Jacop presentasse evidenti problemi di circolazione, presenti anche prima di essere stato colpito da ictus.
Al di là dell’aspetto religioso, la prima informazione che il dottore aveva interesse a conoscere riguardava la tipologia dei cibi che assumeva quotidianamente e le sue abitudini di vita.

Cibo nella tradizione ebraica

Secondo la cultura del popolo yiddish, il cibo ricopre un ruolo essenziale e dovrà essere sempre in sintonia con quello ribadito a livello religioso. Dall’analisi introduttiva, volta a sapere che cosa mangiasse ogni giorno e quali attività svolgesse, erano emersi alcuni dati interessanti.

  • Mangiava spesso gli stessi cibi, per sentirsi maggiormente in sintonia con le preferenze espresse dalla sua fede religiosa ed evitare la tentazione di desidare altri alimenti.
  • Mangiava grandi quantità di pollo lesso.
  • Si nutriva spesso con cholent, ovvero un tipo di pasta realizzata da una base di fagioli.
  • Si nutriva di frequente con kasha, ovvero un’altra tipologia di pasta, derivata dal grano saraceno, a cui veniva aggiunto solitamente grasso di pollo ed una cipolla tritata sino ad ottenere un’unica “pappina”.

La cosa più inquietante del condimento tipico della kasha è che viene spesso spalmato su di una fetta di pane e servito ai bambini ebrei per fare merenda.

Quando troppa spiritualità fa male al colon

L’aspetto più grave della dieta del rabbino era legata al fatto che questi pochi pasti, eccessivamente pesanti, soprattutto per un uomo della sua età, venissero preparati quasi ogni giorno. Questo accadeva a causa dell’assoluta devozione del rabbino nei confronti della preghiera, a cui dedicava così tanto tempo, da non sentire la necessità di mangiare altri cibi.
Essere così radicali fa male alle pareti intestinali e questo vale per tutte le persone, anche atee. Il fatto poi che il rabbino Jacob avesse un sangue del gruppo B rendeva ancora più evidente il “conflitto interiore” creato dai cibi di cui normalmente si nutriva.
L’origine più probabile dell’ictus poteva dipendere proprio dall’agglutinazione delle cellule, a causa delle lectine, presenti in notevoli quantità nel pollo, grano saraceno e fagioli che circolavano nel sangue del rabbino.
Allo stesso tempo, le stesse lectine, potevano essere considerate le responsabili dell’immunità rispetto all’azione dell’insulina, condizione che aveva aggravato la situazione diabetica dell’uomo di chiesa.
Nell’antico testamento si parla moltissimo di pasti e di alimentazione, sottolineandone la valenza all’interno della vita spirituale di ognuno di noi. Vi sono regole abbastanza ferree all’interno della dottrina yiddish, al punto da impedire che ad esempio latticini e carne possano essere persino cucinati nella stessa padella, seppur in giorni differenti.
Ci sarebbe da chiedersi però se questa religione, ma più in generale qualunque tipologia di fede, sia così attenta alle diete e alla salute dei propri fedeli, alla stregua di quanto sembri esserlo nell’indicar loro la strada della salvezza, una volta deceduti.

E’ più importante raggiungere la beatitudine nell’aldilà che imparare che cosa mangiare per vivere oggi, più in salute su questa terra?

Forse il rabbino questa lezione dovrebbe averla imparata, considerato che, dopo aver seguito il nuovo regime alimentare, suggerito dal dottore, ha potuto riscontrare grandi progressi.
Dopo aver seguito la dieta del gruppo sanguigno B, per un arco di tempo di soli 8 mesi, Jacob ha recuperato la funzionalità del sistema circolatorio, al punto da ritornare a camminare senza problemi, riuscendo nuovamente a curare il diabete attraverso farmaci ipoglicemizzanti, somministrabili per via orale.
Il regime alimentare che aveva intrapreso lo aveva finalmente aiutato a mantenere i livelli di diabete sotto controllo.
L’aspetto più interessante di tutta questa storia è che la dieta che gli era stata consigliata non gli impediva di andare contro le indicazioni del vecchio testamento, ovvero il testo sacro di riferimento per tutto il popolo istraeliano.

Quale dieta è stata più adatta al gruppo B?

  • E’ stato suggerito di aumentare la varietà dei piatti da consumare nell’arco della settimana;
  • sostituire pollo con agnello, pesce o tacchino;
  • consumare la kasha sono il sabato (giorno sacro per gli ebrei ortodossi) e il resto degli altri giorni settimanali il riso o il miglio;
  • cambiare la varietà di fagioli con cui veniva preparato il cholent;
  • integrazione dell’alimentazione con vitamine e preparati di erbe.

Anche io ho riscontrato i vantaggi di indicare una dieta personalizzata ai miei pazienti, riscontrando il duplice vantaggio di:

  1. riuscire ad assecondare i gusti in cucina di chi mi contatta per recuperare la funzionalità;
  2. riscontrare maggiori tassi di successo da parte di soggetti ancora più motivati a seguire la dieta personalizzata in base al proprio gruppo del sangue, perchè reputano le indicazioni alimentari fornite, assolutamente non restrittive.

E’ possibile “sostituire” un pasto con un altro, probabilmente anche più gustoso ed ottenere risultati sui pazienti anche migliori.

Se sei interessato a conoscere quale potrebbe essere la tua dieta più indicata, in base alle tue preferenze a tavola e quelle che sono le indicazioni suggerite dal tuo sangue:

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