Superare il rifiuto del cibo nei bimbi con espedienti psicologici
Le cause dell’ inappetenza nei bambini possono essere diverse. Di solito, se il bimbo si rifiuta di mangiare quello che ha nel piatto vuole rappresentare il dissenso per un cambiamento poco gradito. Modifiche alla dieta, alimenti poco graditi, nascita di un fratellino o di una sorellina, cambio di stagione o cambio casa sono le cause più comuni e risolvibili. In questi casi, il rifiuto del cibo nei bambini si supera mediante la psicologia.
Diversamente, una diminuzione fino alla riduzione dell’appetito indica una patologia o un disagio psicologico profondo che porta il soggetto a non volerne sapere più di mangiare. Le principali cause di inappetenza sono delle infezioni batteriche in una parte dell’organismo. Il metodo più sicuro rimane quindi un consulto dal pediatra, oltre che una visita medica approfondita. Purtroppo, sono in aumento i casi di malattie alimentari infantili quali anoressia e bulimia. Spesso, esse derivano da un trauma psichico e fisico molto grave. Per quanto ci si sforzi di convincerli ad alimentarsi, non si ottengono i risultati sperati.
Mamma e papà hanno il compito di insegnare ai propri figli a mangiare in maniera sana ed equilibrata e per questo cercheranno degli espedienti per raggiungere questo scopo. Non è certo una cosa facile: il cibo, a partire dall’età pediatrica, si trasforma in un motivo di conflitto tra genitori e figli. False credenze, sensi di colpa, ricatti e addirittura angoscia rimbalzano da una parte all’altra della tavola.
Rifiuto del cibo nei bambini
Bambini e mensa scolastica
Imboccare o non imboccare
Selettività alimentare infantile
Trucchi per far mangiare un bambino
Quando il digiuno preoccupa
Relazione cibo e psiche
Rifiuto del cibo nei bambini
I disturbi alimentari in età precoce in Occidente sono ormai una abitudine, non solo per i preadolescenti e gli adolescenti, bensì anche per chi è ancora nella fase dell’infanzia. Capitano situazioni in cui il bimbo non mangia per nulla, o assaggia poco per poi vomitare o serrare la bocca. Questo comportamento è normale nella fase di svezzamento. Il bambino alimentato con latte materno si trova spiazzato quando la madre inserisce nel suo regime alimentare le classiche pappette per neonati. Diverso il caso di un bambino grande. Indubbiamente, il regime alimentare dei bambini di oggi non presenta sempre un ideale di crescita sana. Inoltre, i genitori moderni trovano difficile imporre ai figli una loro decisione, vanificando anche la loro educazione alimentare.
I capricci in fatto di cibo sono normali e fino al momento in cui il pargolo non abbia un brusco calo di peso e perda la sua vitalità, mamma e papà non dovranno preoccuparsi. A questo proposito, i genitori apprensivi potranno trovare utile un ebook intitolato.
Il Mio Bambino Non Mangia
Oltre a capire in maniera approfondita cosa succede al proprio figlio, ci si renderà conto che, probabilmente, se tende a non mangiare vuol dire solamente che non ha fame in quel preciso momento o ha dei dolori alla bocca dovuti alla crescita dei dentini. Fino a che i ragazzi sono piccoli, i problemi non sono gravi, ma più si cresce e più questa abitudine può diventare pericolosa.
Bambini e mensa scolastica
Nelle scuole in cui si usufruisce del servizio di mensa scolastica sono molto frequenti i casi in cui i bambini rifiutano il cibo servito. I soggetti he tendono a farlo molto spesso sono quelli sensibili, riservati e poco socievoli e solari. Questi ragazzini stanno molto attenti alla qualità di ogni alimento. Ad esempio, potrebbero rifiutare i bastoncini di pesce per la cottura scelta, al forno invece che fritti.
La cosa migliore da fare sarebbe quella di parlare con lui e farsi dire direttamente qual è il problema. Qualora anche in questo caso non si riesca a capire il perché di questa mancanza di appetito, sarebbe cosa saggia portarlo a casa e cucinargli un piatto a lui gradito. Gli psicologi sono concordi nel fatto di provare questa tattica piuttosto che farlo digiunare in mensa davanti a una ricetta che non mangerà.
I genitori si devono prendere le loro colpe, poiché spesso e volentieri si tende a cenare con piatti pronti o preparare cibo da microonde, dapprima congelato e poi cotto in 5 minuti. Di fronte a questa pratica, può essere del tutto normale che i figli girino la testa e si rifiutino di mangiare questo tipo di cibo. Sempre se il proprio istituto scolastico lo permetta, si può spendere qualche minuto a preparare il pranzo per la scuola, in modo da essere certi di offrire un pasto di suo gradimento, senza lasciare questa speranza nelle mani dei cuochi delle mense scolastiche. In questo modo, il proprio figlio si nutrirà e resterà in compagnia dei suoi amichetti, vivendo in maniera meno estraniante il momento del pranzo.
Durante lo svezzamento, tante mamme possono essere in dubbio su quale scuola di pensiero seguire. Non imboccare significa lasciare il bambino libero di scegliere se mangiare o meno, trasferendo così la libera scelta. D’altro canto, il non imboccare significa non insistere e rischiare di farlo diventare grasso a forza di fargli aprire la bocca e infilargli il cucchiaino con tutti gli alimenti sminuzzati perfettamente. Dovrebbe essere il bambino a scegliere cosa mangiare prima e dopo. Inoltre, non bisogna affatto creare ansia nel cibo, in quanto può diventare la causa dell’inappetenza. I pediatri suggeriscono di preparare i suoi pasti e farlo sedere insieme a tutta la famiglia a tavola. In questo modo non avrà gli occhi puntati addosso e per emulazione inizierà a mangiare, magari anche dal piatto dei familiari. Sicuramente, il bambino prenderà tutto con le mani e non userà le posate, ma è un comportamento che si può correggere in seguito con molta pazienza. In questi casi sarebbe opportuno lasciarlo mangiare nella maniera che desidera.
La fase dell’imboccare si collega allo svezzamento, in quanto devono imparare il fatto che per essere sazi bisogna cibarsi. Oltre a questo passaggio, deve anche imparare ad autoregolarsi. Lo svezzamento inizia tra i 4 e i 6 mesi e serve per integrare altri elementi nutritivi non presenti nel latte. Fino a questa data fatidica, i bimbi hanno potuto seguire solo una dieta monocibo. Andando avanti e passando dalla fase di svezzamento all’introduzione di cibi solidi, si rischia di imbattersi in capricci. Gli alimenti impanati e fritti come il pesce a bastoncini o le pepite di pollo del fast food rischiano di deviare i suoi gusti alimentari. Se il bambino diventa selettivo bisogna adottare delle strategie mirate per rimetterlo in carreggiata. In primis, mamma e papà devono imparare a non cedere ai ricatti come i pianti e i capricci e a non promettergli premi qualora riesca a mangiare i broccoli. Farebbe una associazione sbagliata, ovvero imparerebbe ad agire solo per convenienza.
Selettività alimentare infantile
Si parla di alimentazione selettiva quando i bambini si limitano a mangiare solamente una gamma di cibi preferiti e rifiutandone altri, spesso molto più sani. Questo problema ha origine durante il primo anno di vita, dopo lo svezzamento. I bambini hanno imparato quali alimenti si mangiano in casa mediante informazioni visive, gustative e anche tattili (la consistenza). La capacità sensoriale non è ancora del tutto sviluppata, per questo motivo il bimbo riconosce una mela a spicchi e non intera, o un biscotto tondo invece che quadrato. Tra i 18 e i 20 mesi si ha la neofobia: i bambini non riconoscono come familiari alcuni cibi nuovi e provoca una sensazione simile al disgusto. Sarebbe una sorta di protezione naturale contro l’assunzione di alimenti e sostanze tossiche. Questa fase può durare fino ai 5 anni. In maniera progressiva, i bimbi iniziano ad imitare i coetanei e assaggiare anche nuove pietanze, ma alcuni rimangono radicati in una neofobia che spinge a consumare cibo di un solo colore. Qualora ci sia la presenza di carote e piselli nella zucca gialla, il bambino arriva anche a vomitare. Altri sintomi di questo disturbo sono il veloce senso di sazietà che raggiunge il pargolo, la distrazione a tavola e il cibarsi molto lentamente. Unica soluzione è quella di un consulto medico, al fine di escludere intolleranze e allergie alimentari in corso e altri fattori. Spesso, il bambino salta i pasti perché è sazio, perché deve giocare o per un disagio relazionale che si può manifestare anche con la carenza di sonno la notte. Con pazienza e un supporto medico e psicologico idoneo, i genitori aiuteranno il loro figlio a nutrirsi in maniera adeguata e a dormire il tempo necessario.
Trucchi per far mangiare un bambino
Se il medico ha rassicurato i genitori che il salto dei pasti è solo una fase transitoria data dai capricci, si possono applicare dei piccoli trucchi per non avere un bambino con carenze alimentari. Ad esempio, si può associare il cibo a un gioco, in modo da associare il pasto a un momento ludico. I gusti dei figli sono molto importanti: ha ragione a non mangiare se la mamma cucina sempre la stessa verdura che odia. Gli abbinamenti sono una buona tattica per far mangiare un bambino, ovvero cucinare il suo cibo preferito associandolo a uno salutare, ma poco gradito. Spesso, la sazietà deriva dall’abbondanza di spuntini. Il latte è meglio farlo bere la sera in quanto contribuisce a riempire lo stomaco. Infine, via libera alla fantasia: impiattare gli alimenti in modo creativo a forma di animaletto, oppure dire che il pasto lo mangia un suo beniamino (ad esempio, la zuppa di piselli sarà la minestra di Shrek, una insalata può diventare il pasto della principessa Elsa di Frozen, ecc.). Ad ogni modo, cari genitori, nessun bambino si lascerebbe morire di fame per un capriccio: prima o poi la fame da lupi si farà sentire e arriverà a mangiare anche il pesce in umido pur di non sentire il dolore della pancia vuota. Ultimo suggerimento: le centrifughe di frutta e verdura potrebbero aiutare a far mangiare questi alimenti, camuffando il sapore con frutta molto dolce.
Quando digiuno preoccupa
I bambini ragionano in maniera diversa dagli adulti. Spesso, mamma e papà si scoraggiano. Pur di farlo mangiare, gliela danno vinta e comprano ogni schifezza possibile. Piuttosto, meglio iscrivere tutta la famiglia a un corso Zen per controllare le emozioni negative. I bambini sono opportunisti senza saperlo, in quanto appena vedono un disagio o la tristezza della mamma per il loro pianto e il prodigarsi dei genitori per cercare di farlo smettere, capirà che questo è il metodo per ottenere quello che vuole.
I pediatri, in casi estremi di inappetenza, consigliano di somministrare sciroppi come Carpantin o Propovit se non sono molti piccoli, mentre il Betotal viene prescritto come integratore efficace per casi di digiuno prolungato. Certamente, non sarebbero da associare a cibo spazzatura, ma se il bambino nm mangia altro ci si accontenta anche del junk food poco salutare. Del resto, la campagna contro questi alimenti grassi risulta più massiccia di quella contro il cibo bruciato, probabilmente cancerogeno se ingerito.
In questi casi il rifiuto del cibo dei bimbi è cosa ben diversa dal digiuno come terapia, eseguito per risolvere problemi di obesità o con finalità depurative, e pertanto può risultare estremamente pericoloso.
Relazione cibo e psiche
La psicologia è una scienza molto complessa. Ogni soggetto manifesta il disagio in diversi modi, anche con il digiuno. Se un bambino inizia a non mangiare in mensa, ma a casa divora anche il piatto, vuol dire che a scuola ci sono problemi relazionali. Se invece è inappetente anche a casa, il problema si è radicato in profondità. Oltre al non mangiare o cibarsi solo di un piatto o di alimenti monocolore, bisogna notare se il bambino ha altri disagi oltre quelli psicologici e traumatici che portano ad anoressia e bulimia. Spesso, questi soggetti hanno difficoltà nel parlare, non tollerano i rumori forti e hanno problemi anche nel vestire. Le sindromi autistiche possono essere la causa primaria di questi disagi, ma solo con tanto amore, terapia psicologica e pazienza si potrà superare tutto con un sorriso.